L'istruzione deve essere la più universale possibile

Intervista ad Amartya Sen


13 Maggio 2009 | di Renza Bertuzzi

Amartya Sen,* premio Nobel per l’ Economia ha tenuto oggi, 13 maggio, a Bologna una Lectio magistralis “Globalizzazione, sviluppo e cooperazione”, ospite di Coop Adriatica, nell’ ambito del Convegno “Hai presente il futuro?”.
Dopo l’ intervento lo abbiamo intervistato sui temi dell’ istruzione.
 
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1) Professor Sen, quanto è importante l’ istruzione in questa crisi mondiale?
L’ istruzione è un bene molto, molto importante e per questo la ringrazio di questa domanda. Prima di tutto devo dire che in questa fase abbiamo bisogno del potere e della protezione delle istituzioni non di mercato. Istituzioni, quindi, fornite di prassi democratiche, civili e dei diritti umani, media aperti e liberi, strutture per l’ istruzione di base e assistenza sanitaria, reti di sicurezza economica, disposizioni per la libertà e i diritti delle donne. L’ istruzione dunque è fondamentale, ma ogni paese ha una sua peculiarità e dei propri problemi. Per esempio, in alcuni paesi è ancora difficile finire la scuola di base; in altri, il problema più forte è mantenere la semplice disciplina. Per esempio, io ho utilizzato i fondi del Premio Nobel proprio per finanziare scuole di base in India e in Bangladesh.Per questo, ribadisco che l’ attenzione all’ istruzione deve partire esattamente dalle difficoltà specifiche di ogni paese.
 
2) Nel suo testo, Identità e violenza [1], Lei ha usato parole molto critiche contro il comunitarismo. Oggi, si tende ad identificare la scuola con la comunità. Cosa ne pensa?
Nel mio testo, io mi riferivo soprattutto alle scuole confessionali, finanziate dallo stato in Gran Bretagna: scuole islamiche, scuole induiste e scuole sikh oltre alle preesistenti scuole cristiane. Io credo che questo tipo di scuole offra agli allievi scarse opportunità di coltivare l’ uso della scelta ragionata per decidere della priorità della loro esistenza. La scelta britannica di andare nella direzione delle scuole confessionali riflette anche una particolare visione del paese : la Gran Bretagna come “ federazione di comunità” invece che come insieme di esseri umani che vivono nel Paese con varie differenze. In ogni caso, io penso che l’ istruzione debba essere la più universale possibile.
 
3) In che senso?
Nel senso che l’ istruzione deve servire soprattutto ad aprire le menti. Sono sì importanti le varie discipline che si studiano ma è molto più importante che l’ insegnamento abbia come obiettivo l’ educazione ad aprire le menti. Nel libro da lei citato ho affermato che l’ importanza di un’ educazione scolastica non settaria e non confessionale capace di espandere, invece di ridurre, la capacità di penetrazione della ragione ( compresa l’ analisi critica) è fondamentale. Come disse Shakespeare ; “ alcuni ( la grandezza) la possiedono per nascita, altri la conquistano, altri ancora la ricevono in dono”. I bambini che hanno la vita davanti a loro, dalla scuola non devono “ ricevere in dono” la “ piccolezza”. C’ è molto in gioco.
 
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[1] Amartya Sen Identità e violenza, Editori Laterza, 2006
 
*Amartya Sen, nato in Bengala è stato docente presso l’università di Calcutta, presso il Trinity College di Cambridge, poi a Nuova Deli, alla London School of Economics, a Oxford e, successivamente, all’università di Harvard. Nel 1998, pur mantenendo la sua carica di docente ad Harvard, ha fatto ritorno come rettore al Trinity College. Presidente della Economic Society, della International Economic Association, della Indian Economic Association, a Sen è stato conferito il Premio Nobel per l’economia nel 1998. Egli è autore di numerosissime opere, delle quali meritano sicuramente di essere ricordate Collective Choice and Social Welfare (1971), On Economic Inequality (1973), Commodities and Capabilities (1985), Etica ed Economia (1987), Inequality Reexamined (1992), Lo sviluppo è libertà (1999), Globalizzazione e libertà (2002). Identità e violenza( 2006).
 
 


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