Daniel Zimmermann, L'allievo, Meridiano Zero

Il sottosuolo del disagio.
Il romanzo ci ricorda doveri attuali: la scuola è l'unica realtà dove è ancora possibile sanare, in qualche modo, con il concorso di tutti, qualche ingiustizia tra le tante che siamo costretti a subire per l'ostile casualità della natura.


02 Gennaio 2007 | di Gaetano Bonaccorso

Daniel Zimmermann, L'allievo,  Meridiano Zero Il libro di Zimmermann, scrittore francese con interessi pedagogici anche per la sua esperienza di insegnante di sostegno nelle scuole francesi, getta uno sguardo profondo ed oggettivo sul rapporto tra la scuola e la zona grigia del disagio e del ritardo in un mondo lontano dal nostro, l' ambiente periferico di Parigi, al centro, ancora oggi, dell'attenzione dei mezzi di comunicazione per la violenza e il degrado contro il quale, disperatamente, quei cittadini del mondo si ribellano alle sperequazione di quella società.
In questo ambiente Patrick conduce la sua grama esistenza, con un padre quasi sempre assente ed ubriaco quando è presente, una madre ignorante capace di esprimersi quasi sempre con il linguaggio tipico della pubblicità televisiva, ed è un ragazzo di 12 anni, che frequenta ancora la scuola elementare per i gravi problemi di apprendimento che sono legati più alla sfera espressiva che a quella della comprensione del pensiero e della realtà.
La Francia degli anni 60 ( è il tempo storico del romanzo) non è stata assalita ancora dai fremiti interculturali e una stantia pedagogia della compensazione costringe Patrick insieme a moltissimi suoi amici e compagni ad entrare in classi differenziate, nelle quali subiscono le inutili pratiche burocratiche del sostegno destinate a perpetuare i ghetti della sperequazione sociale e culturale.
Il giovane Patrick incontra David, insegnante di sostegno di qualità che, pur vivendo una vita frammentaria ed anarchica, soggetto alla modestia del lavoro e alle insoddisfazioni familiari, riesce, con le sue risorse, con la sua didattica ( diciamo '' modulare'') a segnare tappe importanti di crescita nella personalità di Patrick , strappandolo alle cure maldestre di altri insegnanti che lamentano di avere in classe non ''uno'' ma '' trentadue'' analfabeti.
La lotta intrapresa dal maestro conosce momenti esaltanti e grandi delusioni legate all' ottusità burocrazia, alla diffidenza dei dirigenti, all'indifferenza dei colleghi, alle resistenze del giovane e alla necessità di usare un linguaggio e degli strumenti idonei ad affrontare il problema educativo in una realtà complessa e difficile.
Ma nella seconda parte del libro Zimmermann capovolge la prospettiva alla quale i lettori di tali vicende sono abituati e : ci fa entrare ancora di più nell'animo rozzo e ineducato di Patrick, ci fa avvicinare alla sua realtà familiare, ci fa incontrare i suoi piccoli amici, inquadrando da vicino i sogni e i progetti di un ragazzo che è tutt'altro che stupido, anzi sublima il degrado della sua vita a contatto con la povertà e l'emergenza con strategie impensabili.
Così scopriamo che Patrick strumentalizza, con le sue marachelle non casuali, anzi sempre più violente, il suo rapporto con David e cerca di avvicinarlo a sè, sperando che sostituisca il padre e s'innamori della madre infelice la quale con sensibilità incestuosa consola, nelle notti tristi e senza speranza, le pulsioni adolescenziali del figlio. Tuttavia, il progetto di Patrick non riuscirà, anche per la morte disgraziata di David, in un incidente automobilistico.
Il romanzo si conclude con la sconfitta della scuola e della società. Patrick, dopo avere ucciso il padre per difendere la madre ed essere stato assolto, avrà nella madre, e nel legame indissolubile con lei, l'unica ragione di sopravvivenza e di vita.
Il romanzo sembra più interessato alla dimensione del sottosuolo degli aspri sentimenti umani coltivati nelle periferie suburbane che ai problemi della scuola ,ma , egualmente, fa riflettere sulle difficoltà di apprendimento ancora forti, nella società odierna, dei più deboli e dei più fragili, i figli di famiglie immigrate, i giovani soggetti alle violenze dei genitori, i ragazzi che, in svariati ambienti, sono sottoposti alla crudeltà d'ogni tipo della misera umanità.
Questo romanzo, anche se viene da lontano, per geografia e tempo storico, ci ricorda doveri attuali: la scuola, come dice il Ballino, esperto francese di una pedagogia che pensa alle istituzioni scolastiche come piccole città da costruire, è l'unica realtà dove è ancora possibile sanare, in qualche modo, con il concorso di tutti, qualche ingiustizia tra le tante che siamo costretti a subire per l'ostile casualità della natura.



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