Professione docente: una roulette russa!


06 Ottobre 2019 | di Raffaella Raccuia

Professione docente: una roulette russa! Negli ultimi venti anni le modalità di formazione e reclutamento degli aspiranti insegnanti hanno subìto continui cambiamenti a causa del susseguirsi frenetico di leggi e decreti con cui sono stati modificati, spesso in modo confusionario, i percorsi per diventare insegnanti.  
 
Quando era in vigore riforma Gentile, l’iter per poter accedere all’insegnamento era chiaro. Poi, crollata quell’impalcatura, è stata la volta degli anni Settanta - Ottanta quando alla laurea seguiva il concorso a cattedra che permetteva al docente di abilitarsi e di passare di ruolo.
 
Negli anni 90 dopo la laurea si procedeva con l’abilitazione, prima tramite corsi abilitanti e poi attraverso la SSIS di durata biennale, e successivamente avveniva l’inserimento nelle Graduatorie ad Esaurimento. Una volta chiuse le Gae, calava il sipario sulle certezze di chi aspirava a diventare insegnante
 
Per dieci anni non è stato possibile abilitarsi e le Gae si sono riempite di precari che sono diventati “storici”. Poi con il governo tecnico di Monti la macchina si è riavviata e sono stati banditi il concorso del 2012 D.D.82/24/09/2012 e i Tfa (Tirocini formativi attivi) che hanno permesso ai docenti di abilitarsi per la loro classe di concorso e successivamente di poter partecipare ai concorsi che sarebbero stati indetti con una cadenza biennale.
 
Ma dopo il conseguimento del Tfa o del Pas, cioè il Percorso abilitante speciale rivolto a coloro che avevano già insegnato per 36 mesi, le Gae non sarebbero state più riaperte. Ciò ha provocato una pioggia di ricorsi che hanno avuto sorti diverse tra loro, con il Consiglio di Stato che ha emesso sentenze a volte favorevoli e altre volte sfavorevoli all’inserimento nelle Gae.
 
Poi nel 2015 un vero e proprio terremoto ha scosso il mondo: “la buona Scuola”, la legge 107/2015 voluta da Matteo Renzi, che ha consentito di entrare di ruolo a molti aspiranti docenti inseriti in graduatorie di vecchia data ma che in molti casi non erano mai entrati in una classe poi un nuovo concorso al quale anche chi è era docente di sostegno non inserito in Gae ha dovuto partecipare perché il sostegno, nel frattempo, è diventato una classe concorsuale. In molti, però, non hanno potuto partecipare perché non sono riusciti a concludere in tempo utile il corso di specializzazione. Anche in questo caso sono scattati i ricorsi, che hanno portato a un nulla di fatto. In seguito sono svolte prove suppletive e qualcuno è passato di ruolo.
 
Si è continuato ad attingere dalle Gae che, così, hanno iniziato a svuotarsi e si è ripartiti con un nuovo concorso riservato agli abilitati e a cui hanno avuto accesso anche i candidati con riserva.
 
E oggi la scuola italiana torna indietro di 70 anni. Attualmente sono quasi 11mila i supplenti “fai da te”, cioè che non risultano iscritti né nelle graduatorie dei precari storici (le graduatorie provinciali ad esaurimento, ndr) né in quelle d’istituto, ma lavorano ugualmente, in molti casi fino al 30 giugno, grazie al loro spirito di intraprendenza, anche con la sola laurea. A preoccupare è la crescita esponenziale del precariato della scuola e la corrispondente difficoltà da parte dei presidi nel reclutare docenti da inviare in classe.
 
Una situazione aggravata ulteriormente dai pensionamenti con quota 100 che hanno portato a 68mila le cattedre vacanti. La carenza di insegnanti nelle graduatorie, in particolar modo in alcune regioni del Nord, ha fatto sì che ben 10.806 contratti siano stati stipulati facendo ricorso alla cosiddetta “messa a disposizione”, ovvero la stipula di un contratto a termine con aspirante non incluso nelle graduatorie dell’istituto, ma che ha segnalato la propria disponibilità a lavorare, avendone i titoli. La medesima situazione si verificava nell’immediato dopoguerra, quando bastava una semplice laurea o un diploma per essere assunto senza nessun concorso ma ad personam dal capo d’istituto che spesso non sapeva, per carenza di insegnanti, a chi fare svolgere le lezioni quotidiane.
 
La lotta al precariato, avviata nel 2006 dall’allora ministro della Pubblica istruzione Giuseppe Fioroni e accelerata dal governo Renzi nel 2015, ha prodotto uno svuotamento delle Graduatorie ad esaurimento, nelle quali ci si poteva iscrivere solo se abilitati, passando a poco meno di 36mila precari nel 2018. Alla politica di smantellamento delle liste dei precari storici sono state affiancate dal 2008, con la riforma Gelmini, almeno altre tre nuove riforme del reclutamento che però sono andate a rilento e sono state modificate ad ogni cambio di governo.
 
Il risultato è che la scorsa estate un terzo circa delle 57mila cattedre messe a disposizione dal Miur per le annuali immissioni in ruolo sono andate deserte per mancanza di aspiranti iscritti nelle Gae e nelle graduatorie degli ultimi concorsi a cattedra. Un paradosso per un Paese con un tasso di disoccupazione giovanile alle stelle. Così, agevolati da una serie di siti che favoriscono l’incontro della domanda e dell’offerta, molti semplici laureati o inseriti nelle graduatorie di altre province si sono proposti ai singoli presidi e sono stati assunti. I supplenti in servizio nelle scuole italiane hanno raggiunto nell’anno scolastico 2018/2019 la stratosferica cifra di 164mila unità: quasi uno ogni cinque docenti in cattedra.
 
E il prossimo anno la situazione rischia di peggiorare, perché i concorsi straordinari lanciati dal governo attuale e i percorsi immaginati dalla Buona scuola procedono a rilento per le difficoltà che gli Uffici Scolastici Regionali hanno avuto nel comporre le commissioni giudicatrici.
 
Quindi ricapitolando: al Nord Italia i pochi insegnanti che ci sono vogliono tornare al Sud e ci hanno provato con il Concorso del 2018.
 
Ancora ci sono da immettere in ruolo docenti delle Gae, docenti del Concorso 2016 e quelli del 2018: praticamente tutti!
 
E nell’ambito del sostegno c’è un calderone di insegnanti precari che non vengono stabilizzati, anche se ci sono molte cattedre di sostegno vuote che non vengono trasformate in organico di diritto.
 
Per diventare docenti oggi ci vuole tanta pazienza, costanza e sangue freddo, si vive nel dubbio e nell’incertezza con il patema d’animo: non si possono fare molti pronostici, proprio come nella roulette russa: un solo colpo, quell’occasione che non si sa quando verrà esplosa!
 
 
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Donatella Raccuia, insegnante di sostegno, non ancora di ruolo, nella scuola Secondaria di secondo grado; laureata in Scienze Pedagogiche ed abilitata all’insegnamento di Filosofia e Scienze Umane.Formatore nell’ambito delle nuove metodologie didattiche da utilizzare con i discenti che presentano bisogni educativi speciali e disturbi specifici dell’apprendimento.
 
 
 


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